Così ho curato mio figlio dal retinoblastoma
Pubblicato il 19/03/2015
La storia che sto per raccontarvi ha un finale gioioso. Ma un percorso altrettanto tormentato e alcune difficoltà che ci faranno riflettere.
Il protagonista è un bimbo di un mese che chiameremo Giovanni a cui viene diagnosticato un retinoblastoma bilaterale. Significa che il piccino è nato con un tumore per occhio e, a un mese e mezzo, aveva già fatto la sua prima chemioterapia.
Ma la protagonista della storia è anche la sua mamma, Lucia, 35 anni. Che, provata da successive batoste – Giovanni con un blocco intestinale provocato dalla prima chemio e non diagnosticato subito; Giovanni che diventa quasi sordo per la tossicità della terapia; Giovanni che sviluppa ancora tre nuovi tumori dopo il quinto ciclo di chemio – prende la decisione che le restituirà la pace: curare il figlio con metodo Di Bella.
Vi anticipo che Giovanni ha appena compiuto tre anni. Ha recuperato l’udito. E da un anno non ha più traccia di quei tumori che si ripresentavano in maniera ostinata, resistenti alle dosi di chemio e ai trattamenti di crioterapia.
I nomi sono di fantasia, la città di appartenenza inventata. Ma non è per motivi di privacy che omettiamo i dati: una remissione simile dal cancro senza intervento chirurgico e che restituisce l’udito a un piccino di pochi mesi andrebbe divulgata in tutti i centri oncologici. Invece, c’è da tenere la bocca chiusa.
Perché?
È vietato curare un minore con terapie non riconosciute, chi lo fa è segnalato agli assistenti sociali. “Per poco il bimbo non è morto per gli effetti della chemioterapia e ora che in ospedale gli hanno visto i segni delle punture di somatostatina sulle cosce hanno sottoposto i genitori al terzo grado – denuncia l’assurdità Giuseppe Di Bella – D’altronde, stando al nostro codice deontologico, il medico a cui muore un paziente non è perseguibile se ha rispettato il protocollo, al contrario, rischia la radiazione dall’ordine quando salva qualcuno al di fuori del protocollo“.
Andiamo con ordine. Lucia vive a Verona con il marito e il bimbo. Quando Giovanni ha appena un mese i genitori si precipitano in pronto soccorso per un broncospasmo. Risolta l’emergenza, Lucia fa notare ai medici il riflesso biancastro nell’occhio destro del bimbo. “Ce ne eravamo accorti due settimane prima, guardando una fotografia. Lo stesso giorno mi diagnosticano il retinoblastoma. La mattina seguente, dopo esami più approfonditi, mi dicono che il bimbo ha due tumori per occhio, il più grande sul destro, di un centimetro e mezzo, gli altri puntiformi. Di quel giorno ricordo la sensazione di estraniazione, non mi sembrava di essere lì, eppure c’ero. Vertigini.
Ma il peggio l’avrei provato la settimana successiva, otto giorni interminabili e altrettante notti insonni nell’attesa che suonasse il telefono. Aspettavamo la chiamata dell’oncologa del policlinico Scotte di Siena, il centro specializzato per i disturbi degli occhi.
Lì iniziamo il nostro calvario, un’emergenza via l’altra per rimediare ai danni scatenati dagli interventi precedenti, non auguro a nessuno quello che ho passato. Dopo la prima chemio (mix di carboplatino, vincristina, etoposide) Giovanni sta malissimo, vomita, accusa continui dolori di pancia e si disidrata.
Eravamo rientrati a casa, ci precipitiamo al pronto soccorso ma quando i medici capiscono la situazione non si prendono la responsabilità di trattarlo, ci consigliano di tornare a Siena. Quattro ore in ambulanza, il bimbo era già in blocco intestinale. Resteremo dieci giorni ricoverati.
La seconda chemio, un mese dopo, è meno devastante. Noi siamo ospiti di una famigliola a Siena.
Il protocollo prevede sei cicli, noi avremmo voluto interrompere al quarto, i tumori parevano scomparsi tutti. Giovanni fatica a riprendersi, non ha più difese immunitarie, deve stare in un ambiente protetto. È pallido, calvo, senza più ciglia e sopracciglia, con le vene della testa in evidenza.
Accettiamo di proseguire ma, al controllo dopo il quinto ciclo, arriva un’altra mazzata: tre nuovi focolai nell’occhio destro, ho creduto di impazzire mentre nella testa mi risuonavano frasi del tipo ‘signora, può succedere, quando il retinoblastoma parte a quell’età è più aggressivo…’ Non mi sentivo rassicurata, tutti quei farmaci non avevano impedito al cancro di riformarsi…
Dopo questa recidiva si decide per la crioterapia, l’azoto liquido direttamente nell’occhio: ad ogni controllo oncologico Giovanni viene intubato e narcotizzato. E quando è sveglio gli devo mettere le gocce di antibatterico nell’occhio perennemente gonfio e gelatinoso”.
Con la crioterapia i tumori non si riformano più?
“Purtroppo a Giovanni spuntano in continuazione, ne ha avuti 20 nel destro e cinque nel sinistro, a grappoli, sporadici, dove pareva fosse scomparso tutto. L’oncologa non ha mai visto un caso così aggressivo. Facciamo la crioterapia ogni due settimane per un anno e mezzo. Il setto nasale gli si assottiglia e ci accorgiamo che Giovanni non sente più…”
E’ diventato sordo?
“Nel febbraio 2013 pare una sordità leggera, ma a maggio peggiora (meno 70 e 50 decibel) mettiamo le protesi su entrambe le orecchie…”
Ma come si spiega la sordità?
“Tossicità da chemioterapici, a distanza di 8 mesi. Ma il vero guaio è che anche la crioterapia non fa più effetto…. A fine giugno ci propongono una chemio intra-arteriosa, si immettono i chemioterapici nella vena femorale. Sapevamo però che dopo questo trattamento una bimba ha riportato danni neurologici permanenti, perciò abbiamo rifiutato. Intanto ci stavamo informando sul metodo Di Bella e a luglio lo iniziamo. Sulle prime ho fatto fatica a dare a Giovanni la soluzione ai retinoidi (ora quasi gli piace), le pastiglie e la puntura, ma la cosa straordinaria…”
Straordinaria…?
“Al controllo, un mese e mezzo dopo, il tumore resistente alla crioterapia era ridotto dell’80%!”
E l’oncologa?
“Ho commesso l’ingenuità di dire che Giovanni stava facendo la terapia Di Bella e mi sono sentita dire se sono matta ‘perché le vitamine alimentano il tumore’. Durante quel controllo, senza la nostra autorizzazione, a Giovanni venne fatta una chemioterapia (mezza dose di carboplatino) sotto-congiuntivale. Abbiamo dovuto discutere e chiedere di fare solo i controlli ed eventualmente la crioterapia”.
Ma la crescita del tumori si è fermata?
“Non subito. In autunno sono rispuntati altri tre focolai, abbiamo continuato la crioterapia e metodo Di Bella”.
Fino a quando?
“Da febbraio 2014 non è più cresciuto nulla. A marzo abbiamo concluso la crioterapia. Ora, piano piano, Giovanni sta diminuendo anche la terapia Di Bella, ogni due mesi e mezzo fa i controlli a Siena”.
E la sordità?
“Non gliel’ho detto: Giovanni ha recuperato completamente dopo sei mesi di vitamine A ed E (i retinoidi).”
E l’oncologa cosa ha detto?
“Ha detto ‘bene’”.
Lucia ha preso un treno per venirmi a trovare a Milano, voleva parlarmi di Giovanni guardandomi negli occhi. “Vedersi e scambiarsi sguardi è importante”, ha detto lei che ha rischiato di avere un figlio cieco. Eccola qui, la cartella clinica sotto braccio, la mamma coraggio.
Di Gioia Locati
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