Cancro, la fine della libertà di cura e di ricerca scientifica La verità sulla chemioterapia
Pubblicato il 14/01/2015
Consultando i massimi portali scientifici come Pubmed, e clinici come Cancer.gov emergono i limiti delle attuali potenzialità terapeutiche del cancro, assolutamente difformi dal rassicurante quadro di “terapie di provata efficacia” continuamente e generosamente profuso dall’informazione. Verificando lo “stato dell’arte” sul portale del National Cancer Institute e accedendo a NCI, si può scorrere l’elenco alfabetico relativo ad ogni tipo di neoplasia. Per ogni tipo di tumore e per ogni stadio, il sito del NCI illustra chiaramente l’aspettativa di vita con chirurgia, chemio, radio, terapie biologiche variamente associate.
Da questa rassegna emerge il dato che nel tumore inoperabile la chemio è impotente e i tempi di sopravvivenza in queste condizioni sono generalmente limitati ad 1 anno, raramente a 2 anni, e solo difficilmente superano questo limite. La sopravvivenza dei casi oncologici viene presentata come effetto della chemio, mentre non esiste in tutta la letteratura un solo tumore solido guarito unicamente per effetto della sola chemio, senza chirurgia. La controprova sta nella semplice constatazione che i tumori inoperabili non hanno alcuna possibilità di guarire. La conclusione di questa ricerca: nei tumori solidi (non comprendono le leucemie-linfomi, stretta minoranza delle neoplasie) non ci può essere guarigione senza l’asportazione chirurgica del tumore, oggi pertanto la terapia medica non è in grado di guarire alcun tumore. I protocolli oncologici possono, in certi casi, rallentare il decorso della malattia, ma non portano a guarigione nessun tumore solido.
In un articolo di tre pagine sulla chemioterapia dello Spiegel, uno dei giornali più letti in Germania, leggiamo:
“Mentre gli oncologi dicono ai loro pazienti che la chemio aiuta ad incrementare l’aspettativa di vita, le statistiche hanno rivelato che per i tumori più comuni la chemioterapia non migliora assolutamente la situazione. Nei casi di tumore alla mammella, la chemioterapia diminuisce addirittura la sopravvivenza media da 24 a 22 mesi, nel tumore alla prostata da 19 a 18 mesi, mentre la sopravvivenza media per il tumore al polmone era stata aumentata da 5 a 6 mesi e da 12 a 14 per i tumori all’intestino. Tutto sommato, la chemioterapia non agisce sui più comuni tipi di tumore. Ciò che appare come una sorpresa per il lettore medio, il lettore informato di farmacologia lo sapeva già da lungo tempo: il libro del Dott. Ralph Moss “Questioning chemotherapy”, una meta analisi di un cospicuo numero di studi, rivela il medesimo risultato.
Il perché la medicina ortodossa continui a voler spendere più del 15% su questa inutile ed eccessivamente costosa terapia, rimane un mistero per quasi tutte le persone con un quoziente intellettivo di 3 cifre, tranne per coloro che, chiaramente, hanno capito che le aziende farmaceutiche non si occupano di aiutare i pazienti ma di guadagnar denaro“.
Nel 2014 sono stati pubblicati da Neuroendocrinology Letters, rivista scientifica recensita dalla massima banca dati scientifica mondiale www.pubmed.gov, due studi clinici sull’impiego del Metodo Di Bella (MDB) nei tumori della prostata e della mammella. Con questi, i casi di varie neoplasie, complessivamente e favorevolmente trattate col Metodo Di Bella pubblicati su Pubmed salgono a 774. Il progresso è costituito dal fatto di aver ottenuto in tumori solidi, per la prima volta, la completa e stabile remissione senza ricovero ospedaliero, senza intervento chirurgico, né radioterapia, né chemioterapia, ma unicamente mediante il Metodo Di Bella.
Mentre l’informazione in Italia (anche se portata a conoscenza con documentazione dettagliata esauriente e completa) ha ignorato questo reale e documentato progresso nella terapia dei tumori (ottenuto senza chiedere e ottenere nulla per la ricerca scientifica, senza questue, sceneggiate televisive “giornate della vita” vendite di arance verdure e ortaggi vari), le istituzioni sanitarie, e la cosiddetta autodefinita “comunità scientifica”, non si sono interessate alla pubblicazione per prendere atto del risultato, né per esaminare il razionale, i meccanismi biochimici e molecolari, le ampie conferme bibliografiche, che hanno consentito questo risultato. Hanno invece criticato la forma, la metodologia delle pubblicazioni, il livello di IMPACT FACTOR (valutazione) della rivista che ha pubblicato gli studi. Probabilmente a questi signori è sfuggito l’ormai noto e da più parti denunciato meccanismo con cui viene chiaramente manipolato dalle multinazionali l’impact factor e creata, gestita e mantenuta la cosiddetta “Comunità scientifica”, in quanto è sufficiente leggere le dichiarazioni del Nobel per la medicina Randy Scheckman, che si ribella alle riviste scientifiche ai primissimi posti dall’Impact Factor, come Science, Cell, ecc… e ammette che la ricerca in campo scientifico non è affatto libera ma in mano ad una “cerchia ristretta” (c.d. comunità scientifica). Dunque la ricerca scientifica, per il premio Nobel, sarebbe “tutt’altro che indipendente” accusa che Randy Sheckman incalza, sostenendo che “ormai le riviste scientifiche non pubblicano contenuti in base alle ricerche ma in base all’interesse legato alle vendite”.
L’Impact Factor è manipolato.
La sopravvivenza dei malati di tumore, quella vera, delle verifiche scientifiche, non giornalistico-televisive, è essenzialmente dovuta alla chirurgia, molto meno alla radioterapia, e per il 2,5% alla chemio e si riduce, nei pazienti operati , ad un 29% di sopravvivenza a 5 anni.
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Di Giuseppe Di Bella
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