Luigi Di Bella, il medico che ha dedicato la vita a combattere il cancro.
Pubblicato il 20/11/2012
Luigi Di Bella, il medico che ha dedicato la vita a combattere il cancro.
Un libro del figlio Adolfo. Settant’anni tra studi e laboratori. Professionista sempre a fianco dei malati
Di Michele Fuoco.
“L’animo mi dice che non sono vissuto inutilmente, perché ho fatto del bene ed ho gioito per il bene fatto”.
Sono parole di Luigi Di Bella, pochi mesi prima della morte a Modena, nel 2003, a 91 anni.
Le riporta il figlio Adolfo nel libro “Il poeta della scienza. Vita del Professore Luigi Di Bella” di Emmeci Edizioni, con un ricordo di Alessandro Pronzato, scrittore prediletto da Papa Wojtila.
In circa 450 pagine Adolfo ha ricostruito con rigore in sette anni, attraverso quintali di corrispondenza e documenti trovati nella vecchia casa di via Don Minzoni e nel laboratorio di via Marianini, la singolare vita del genitore, medico, ricercatore e docente universitario, con un alto culto della famiglia, una forte dedizione al lavoro, una bontà infinita, tanto da non chiedere nemmeno un centesimo ai suoi pazienti.
Una esemplare lezione di vita che, in questi inquietanti tempi di “camici sporchi” a Modena, risuona ancora più forte. “Non è un atto di accusa – dice l’autore – nei confronti dei singoli, ma dell’ambiente di immoralità. Il libro fa capire in quali mani si va a finire, chi governa la salute pubblica. Denuncia il degrado di medicina e società”.
Lo scienziato sosteneva che erano proprio i medici ad averlo capito di meno. Ma a lui l’ammirazione di personaggi illustri come Pietro Tullio, candidato al Nobel nel 1930-32, di cui era allievo all’Università di Messina, diventando poi suo Aiuto a Parma; Edoardo Storti, Moruzzi di Pisa, Domenico Campanacci. Straordinarie le sue ricerche.
Il figlio Giuseppe, medico a Bologna, ha portato avanti la terapia e coordina i pochi medici (nessuno a Modena) che si attengono alle disposizioni del padre. “Molti di più – rivela Adolfo – gli impostori e i cialtroni. Papà a soli 19 anni aveva indagato sull’influenza dei campi elettrici variabili. Di povertà assoluta, la sua era una famiglia con 10 figli, si manteneva con concorsi in materie scientifiche, e uno dei primi glielo diede Marconi, che lo avrebbe voluto come ricercatore al CNR di cui era presidente. I suoi lavori nel 1939-40 riguardano i retinoidi, di cui ora i ricercatori parlano tanto come fondamentali nella terapia per combattere il tumore”.
Fino alla somatostatina che Di Bella impiegava dai primi anni settanta e alla nota sperimentazione, autorizzata dall’Istituto Superiore della Sanità nel 1998, su pazienti quasi in fin di vita.
“Una cura monca con medicine anche scadute. Mio padre era un personaggio scomodo, non dipendeva dalle case farmaceutiche e dalla burocrazia. Quel nome fa paura al mondo che ha paura della verità. Una vergogna anche per Modena. Gli volevano dedicare una strada, ma è subentrato il gesuitismo politico”.
Tra le testimonianze, quella di Pavarotti: “Per me – scrive il tenorissimo – lei sarà sempre il vero e unico vincitore del Premio Nobel”.