Retinoidi, ma quanto c’è da aspettare?
Pubblicato il 29/10/2012
Eccola qui, la vera prevenzione. Un insieme di molecole a bassa tossicità capaci di “resettare” il nostro corpo, di intervenire su quello che giá una volta si è inceppato e ha prodotto un cancro. Prevenzione in senso etimologico: pre- venire, prima che venga.
Touchè, come dicono i francesi. Perchè fare una mammografia non significa fare prevenzione, significa soltanto “fare un’indagine”. Ma gli italiani che dicono? Veronesi era d’accordo nel 2006, abbiamo raccontato la storia della fenretinide, derivato di sintesi dei retinoidi, in Ecco il farmaco nascosto. Al Tg5, il famoso oncologo, rivelò i risultati di una ricerca durata 14 anni su 2.800 donne dai 30 ai 70 anni (dimostrò che i retinoidi dimezzano il rischio di recidiva in chi non è ancora in menopausa). Che successe poi? Con estrema lentezza è partita una mini sperimentazione allo Ieo, che, a giudicare dal numero di pazienti coinvolte, pare indirizzata su un binario morto (leggete). E l’altro giorno, sullo sportello cancro del Corriere della sera, Veronesi ci ha ripetuto che “per i retinoidi bisogna ancora aspettare”.
Già, aspettare sempre. Per diventare come le mura della fortezza del “Deserto dei tartari” di Buzzati, immerse in un deserto.
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