Riparliamo del metodo Di Bella senza logiche di potere
Pubblicato il 23/10/2012
Nessuna malattia è o deve essere un tabù, e allora è bene parlarne, per affrontare insieme una nuova realtà che nessuno credeva di dover affrontare.
Dopo un breve periodo di silenzio, rieccomi a parlare e ricordare a tutti del “metodo Di Bella”, che a tanti ha fatto storcere il naso, ma non sono mancati coloro che condividevano questa scelta. E’ giusto parlare di queste scoperte che si scontrano con la medicina ufficiale, troppo politicizzata e troppo succube delle multinazionali del farmaco. A quei presunti ricercatori sempre critici, vorrei ricordare che la ricerca scientifica non può e non deve essere condizionata dalla politica di turno, e molti di questi presunti scienziati, troppo spesso “segnalati”, vanno avanti grazie ai nostri soldi, alle tante, troppe tasse che paghiamo.
Ed allora, un malato ha diritto a poter scegliere e a definire il suo percorso di cura, senza dover essere costretto a lasciare la propria città o l’Italia.
Forse sono di parte, sono un “dibelliano”, fautore di quella cura che Di Bella ha messo a punto nei decenni settanta/ottanta, e che ancor oggi il figlio Giuseppe continua ad applicare. Come non ricordare la famosa sperimentazione “contro” condotta dal Ministero della Sanità nel 1998, con Rosy Bindi ministro, che stabilì che queste terapie erano inefficaci. In quel periodo, qualcuno ha taciuto delle tante indagini dei Nas, successive alla sperimentazione, che dimostrarono che parte di quei farmaci somministrati erano scaduti, mentre in altri casi fu aggiunto dell’acetone. E che dire delle modifiche alle posologie e alle quantità somministrate ai pazienti. Questa sperimentazione di parte, presentò una terapia “alterata”, e fu testata su un gruppo di pazienti gravemente malati, alcuni terminali.
Eppure, tanti, troppi, non fanno cenno degli esiti dei controlli dei Nas, e la gente non è al corrente di ciò che accadde in quel triste periodo in cui lo Stato decise di non aiutare i malati oncologici in nome del profitto e degli interessi delle multinazionali del farmaco. Ancora oggi, in molti, ricercatori e medici, ma anche i mass media, considerano il professore dai “capelli bianchi” come un santone.
Per fortuna, la grande famiglia dei “dibelliani” è vasta, e la libertà ci concede ancora oggi, di poterci schierare.
Nonostante il parere contrario dello Stato, in molte città sono tante le richieste di rimborso ordinate dai giudici in favore dei malati che utilizzano il metodo Di Bella.
Si tratta di centinaia di ricorsi presentati dai pazienti che sono guariti con il metodo Di Bella e non con le chemioterapie, i trapianti di midollo o gli anticorpi monoclonali.
Ricorsi che sino a oggi sono stati vinti .dopo un attento esame delle cartelle cliniche di questi speranzosi pazienti. E’ tempo che ci si confronti, che si vedano i malati e si studino le pubblicazioni.
E come non ricordare la storia di una donna guarita da un tumore al seno senza aver fatto l’intervento chirurgico ma trattata con la terapia dibelliana che ha avuto un ottimo esito. Questo caso di guarigione ha trovato spazio su diverse pubblicazioni e riviste scientifiche.
E allora, in tanti si chiedono il perché di questo boicottaggio nei confronti di questa terapia; la risposta è altrettanto semplice: questo metodo non porta denaro alle aziende farmaceutiche.
Meditate gente, meditate…
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